“L’accoglimento” prima di essere un tema, in questo caso il mio tema, risulta essere una parola che assume una connotazione molto forte; ma voglio evitare di riflettere e ragionare sulla semplicederivazione etimologica e preferire invece di far parlare il cuore e farmi trasportar dalle emozioni che tale parola mi suscita. E allora, da ostetrica, mi vengono in mente alcune domande: chi accoglie chi? Sono io ostetrica che accoglie il neonato? O è la madre che accoglie suo figlio e, io accolgo la madre? E il papà dove lo lasciamo? Chi lo accoglie? E la figura del ginecologo e del pediatra che ruolo hanno?

Ecco quindi che l’accoglienza risulta essere un elemento fondamentale nella nostra professione perché noi lavoriamo con l’accoglienza della vita; diviene un bisogno primario per una donna che diventa madre, per un uomo che diventa padre e per un neonato che diventa figlio.

È un fatto ormai assodato che le donne in gravidanza abbiano problematiche diverse a seconda dell’epoca di gestazione e che vadano alla ricerca di informazioni e di risposte alla loro domande. 

Considerare la gravidanza come un processo evolutivo, che comprende diverse modificazioni endocrine, somatiche e psicologiche permette di comprendere come mai questo periodo rappresenti un momento di scarso equilibrio e un’importante svolta nella vita della donna.

Oggi i corsi che si tengono nel corso della gravidanza, e soprattutto quello che si potrebbe progettare dopo il corso di acquamotricità prenatale, divengono un ottimo strumento per rafforzare il bisogno di salute generale all’interno del percorso nascita in quanto offrono alla madre e alla coppia un momento di condivisione con altre coppie e altri madri, la possibilità di poter raccontare le proprie esperienze, i propri dubbi, e i propri vissuti correlati dalle rispettive emozioni e sensazioni.

 Sono un momento in cui i futuri genitori possono ricevere tutte le informazioni e rispondere a tutte le loro domande. L’incontro con l’acqua e il corso in piscina inoltre può attivare anche la propria consapevolezza corporea; arricchire la relazione con il proprio bambino e con se stessi e gettare le basi per un benessere fisico e psicologico per la nuova famiglia che si sta formando e creando. Incontro dopo incontro le donne impareranno a lasciarsi trasportare dalle emozioni e ad aprirsi, come le onde nel mare che vengono mosse dalla corrente. Impareranno ad ascoltarsi, conoscere i propri ritmi e lasciarsi trasportare dall’istinto.

Ed è proprio in queste situazioni che parlerà la voce interiore, le orecchie saranno rivolte verso il Sé e l’interno e si potrà creare una relazione empatica con il proprio bambino, relazione che è attenta ai bisogni del piccolo e che lo considera come individuo unico nel suo genere.

L’accoglienza da parte dell’ostetrica che accompagna le future madri e i futuri padri in questa avventura è sicuramente l’elemento fondamentale affinché tutto questo trasporto emotivo e inconscio avvenga; è quel valore che favorisce l’abbandono e l’apertura, le relazioni e la comunicazione, la recettività e la morbidezza. È infatti l’accoglienza che determina la capacità di far fiorire una buona relazione con se stessi: fondamentale però per questo processo è che ci si liberi dei pregiudizi e dei propri giudizi e ci si apra invece alla diversità. 

È importante che l’ostetrica compia prima questo percorso su se stessa in modo tale da poter creare uno spazio dentro di sé libero e vuoto e poter far sentire la donna accolta insieme al suo bambino. 

L’ostetrica dovrà semplicemente fermarsi un attimo e fare qualche passo indietro rispetto ai desideri e giudizi e creare uno spazio vuoto e recettivo. È proprio in questo spazio vuoto e senza pregiudizi che interviene l’intuizione, strumento fondamentale che permette all’ostetrica di capire e parlare lo stesso linguaggio della comunicazione tra madre e bambino. Questo spazio verrà avvertito dalle donne come un luogo sicuro dove ognuna di esse può essere libera di mostrarsi per com’è senza pregiudizio, in cui le donne entrano per poter comunicare con il loro bambino e prendersi cura di lui, capire i suoi bisogni e incontrarlo nel modo più dolce e rispettoso possibile.

La conoscenza e la consapevolezza di sé e dei propri valori, dei propri limiti permette all’ostetrica di circoscrivere la relazione e di diventare uno specchio per la donna in grado di riflettere ciò che essa sta cercando di trasmettere e di poter così affrontare la realtà che sta vivendo. L’accoglienza è l’opposto delle proiezioni personali e permette alla donna di essere libera e se stessa. 

Infatti non accolgo e accompagno quello che desidero io ma quello che la futura mamma trasmette in modo tale da creare insieme alla donna una situazione ideale per lei e per il suo bambino.

Ritornando quindi alle domande poste all’inizio quella catena di accoglienza, dove l’ostetrica accoglie la donna, la madre il proprio figlio e se stessa, il padre accoglie sua moglie e il nuovo figlio, diviene una relazione che ha generato salute e benessere. Quindi l’accoglienza è un grande strumento di sicurezza e crea un ambiente all’interno del quale la donna può esprimere le sue competenze.

Da qui nasce l’idea di poter condurre non un semplice corso di preparazione al parto, ma di introdurci dei giochi in acqua in modo tale da offrire anche un servizio in più alle donne.

L’acqua è il femminile, è profonda , le sue correnti spesso sono invisibili in superficie, la vita dentro l’ acqua è nascosta allo sguardo esterno. Come nel mondo sottomarino, pieno di fascino, di miti, di sorprese. L’acqua è adattabile e passiva, fluida e recettiva, scorre sempre verso il basso e trascina con sé tutto ciò che trova. Senza argini l’acqua si disperde ma in compenso porta la vita, la fertilità, dove arriva l’acqua nasce qualcosa. L’acqua è un liquido flessibile, si muove secondo le impressioni che riceve, l’acqua assimila, interiorizza, ammorbidisce, mescola, inibisce, omogeneizza, riempie e risolve, si espande, è profonda, ricettiva, purificante e terapeutica.

L’acqua vince sempre, cedendo, cambiando forma, adattandosi alle circostanze, aggirando gli ostacoli che incontra, ma inesorabilmente dalla sorgente in cui nasce piano piano giunge al mare, diventando prima torrente e poi fiume in un continuo processo di trasformazione che è la sua vera forza.

Questo percorso assomiglia un po’ a quello che deve affrontare una donna in gravidanza, perché come l’acqua, ella cambia forma, si adatta alle circostanze, incontra ostacoli e paure, che deve avere la forza di riuscire ad aggirare, ma alla fine del percorso di nove mesi, giunge al suo mare, rappresentato dalla nascita del bambino che porta in grembo.

Così come l’acqua dalla fonte il cui unico scopo è di giungere al mare, così la donna dalla sua nascita sviluppa un percorso ricco d’esperienze, gioie e dolori, che quasi sempre la porteranno alla sua naturale realizzazione suprema, quella della procreazione. L’uscire dall’acqua è un segno di nascita o di rinascita, come se da quel momento si diventasse individui nuovi.

                                                                                                                                                       Giorgia Bais