L’idrofobia, anche nota con il nome di talassofobia, è la paura di immergersi in acqua ed è anche vista come la paura di nuotare.
La paura patologica dell’acqua, o idrofobia, spesso nasce da bambini, dopo un trauma (anche una «bevuta» con relativa apnea può essere sufficiente), ed è da giovani che è più facile superarla, quando il sistema nervoso è ancora plastico e facilmente modificabile, anche sotto l’aspetto emotivo. La paura, intesa come una risposta fisiologica a uno stimolo che il cervello (anche inconsciamente) considera minaccioso, è un sentimento necessario, perché ci permette di stare lontani dal pericolo. Quando, però, s’innesca di fronte a situazioni obiettivamente non pericolose, si trasforma in ansia e scatena appunto la fobia.
Abbastanza diffusa è la forma lieve di questa fobia, che infonde in chi ne soffre la paura dell’acqua, legata molto spesso a quella generale dell’annegamento, e quindi alla paura di immergersi soprattutto se in acque profonde.
Se ci fermassimo a dare dei significati su ciò che l’acqua rappresenta per noi potremmo dire che è fonte di vita, uno strumento che rigenera, legato alla gravidanza e di conseguenza anche a tutto ciò che riguarda la femminilità. Se ci pensiamo anche il nostro corpo è per il 65% composto da acqua.
L’acqua rappresenta un ambiente da scoprire, completamente nuovo, dove la paura di non riuscire a gestire la situazione che si viene a creare, di perdere il controllo, può scatenarsi da un momento all’altro.
Si va da una sensazione di disagio, alla paura vera e propria, fino alla fobia che è il termine tecnico con cui gli psicologi indicano “…un timore irrazionale e invincibile per oggetti e situazioni che, secondo il buon senso, non dovrebbero spaventare”.
Questa paura non deve però essere considerata un qualcosa di completamente negativo, ma dobbiamo vederla più come una forma di autoprotezione istintiva, che ci segnala che c’è qualcosa che non va; è per questo che non dovrebbe mai essere sottovalutata o nascosta in quanto, il suo non riconoscimento, potrebbe portare a degli effetti completamente diversi come stati di ansia, stress, insicurezza e rigidità.
Il modo migliore per affrontarla è quella di portarla in superficie, in modo tale da trasformarla in uno strumento per conoscere la profondità di se stessi;in questo modo, saremo in grado di capire qual è il reale motivo che scatena tutta questa reazione e di conseguenza, capire anche quali sono gli strumenti per poterla affrontare ed eliminare una volta per tutte.
Questa ansia non scompare dopo una verifica della realtà che ci circonda ma anzi, la persona è talmente consapevole dell’irrazionalità dei suoi timori, che non riesce ad affrontarli e a risolverli da sola.
Come tutte le fobie anche questa si può vincere e non è necessario ricorrere a cure mediche ma basta un po’ di buona volontà ed una serie di esercizi, adatti sia a bambini che ad adulti che gradualmente porteranno l’idrofobico ad immergersi completamente. Gradualmente è questa la chiave. Si sconsiglia assolutamente il metodo “drastico” utilizzato, soprattutto in passato, in cui l’adulto o il bambino idrofobico viene buttato di “forza” in acque profonde in quanto, non è detto che funzioni con tutti gli idrofobici, che i risultati siano duraturi e soprattutto che ci sia la possibilità che questo metodo invece di curare l’idrofobia provochi un ulteriore trauma. In qualche caso è addirittura pericoloso praticare questo sistema infatti normalmente l’idrofobico non sa nuotare e quindi corre il rischio reale di annegare.
Con il metodo “graduale” invece non si corre il rischio di sottoporre il soggetto idrofobico a stress eccessivi e difficilmente si corrono rischi di annegamento, di contro è necessaria una maggiore determinazione e forza di volontà da parte di chi soffre di questa paura.
Il metodo migliore per vincere le paura dell’acqua è quello di iscriversi a corsi guidati in piscina specifici per questo tipo di problema; esistono numerosi programmi che insegnano a prendere confidenza con l’acqua anche da adulti e sono seguiti da istruttori che in molti casi sono anche psicologi o psicoterapeuti, in modo da avvicinarsi all’acqua in modo più facile senza imporsi delle sfide con se stessi.
Come ho imparato durante il corso a Montegrotto, è preferibile che questo tipo di corsi vengano svolti in acqua termale calda dai 30-36° in modo tale da percepire come una sensazione di abbraccio che contribuisce a sciogliere le tensioni accumulate e a sentirsi maggiormente a proprio agio.
Un altro elemento importante è la profondità della vasca; solitamente si consiglia di rimanere a una profondità iniziale di 140 cm, in questo modo le persone possono appoggiare i piedi a terra in qualsiasi momento.
Per imparare a gestire queste difficoltà sono andata ad approfondire l’argomento grazie all’aiuto di Lorenzo Manfredi, psicoterapeuta di Ferrara, responsabile della formazione psicologica degli istruttori dell’associazione Apnea Academy.
In una sua mail mi veniva spiegato che per imparare a controllare questa paura e di conseguenza per muoversi in acqua ci sono corsi intensivi che durano anche un solo week-end e sono distinti in attività a “secco” e attività in acqua.
ATTIVITA’ A SECCO: in una sala attrezzata o sul bordo piscina si effettuano determinati esercizi di respirazione e di rilassamento che insegnano a non perdere il controllo e a creare dei punti di riferimento. Allo stesso tempo si cerca di andare a capire quando ci si irrigidisce e come ritrovare la calma.
a) respirazione: vengono provati tutti i tipi di respirazione ossia da quella toracica a quella diaframmatica e di tutto ilo corso; ci si auto-osserva. Più breve è la respirazione, più difficile risulta rilassarsi ed è per questo che si imparano le tecniche di respirazione profonde come lo yoga. Al respiro si associano anche delle visualizzazioni.
b) auto-osservazione: si impara a come si sta in piedi, a come ci si sposta, come si muovono le braccia, come si guarda e anche quale tono di voce si assume in modo tale da capire, quali sono gli atteggiamenti che esprimono tranquillità o disagio.
c) rilassamento: si va a concentrarsi su tutto il corpo: dai muscoli, alle variazioni di calore, al ritmo del cuore e del respiro e così via.
ATTIVITA’ IN ACQUA: il primo step è quello di imparare a galleggiare: si va quindi ad immergere gradualmente il viso, si sta con gli occhi aperti, si scivola nell’acqua. Per sentirsi più sicuri all’inizio si possono utilizzare anche dei tubi galleggianti.
Appena ci si sente a proprio agio si continua lentamente un passo alla volta ad immergersi fino a che non si presenta nuovamente la sensazione di panico e quindi ci si ferma per ripetere lo step precedente. Una volta che l’acqua arriva al collo o almeno alle spalle la cosa più difficile è immergere il proprio viso perchè questa fobia è legata alla paura dell’annegamento.
Per immergere il viso invece di proseguire nella camminata verso l’acqua alta si prova lentamente a piegarsi sulle ginocchia fino a far arrivare il livello dell’acqua all’altezza degli occhi immergendo quindi solo il naso. Se questo passo spaventa si può iniziare a bagnare il viso buttandovi l’acqua con le mani e una volta che ci si sente più tranquilli si può eseguire questa fase, inizialmente, anche tappandosi il naso con le mani. Le prime volte si rimane tranquilli immersi in acqua finchè non ci si sente completamente a proprio agio tirando fuori il naso solo per respirare. Se si è acquisita una certa confidenza con l’esercizio precedente allora si ripete, ma questa volta prima di immergersi inspiriamo profondamente, si trattiene il fiato nei polmoni e solo quando il naso è immerso in acqua si prova a far uscire l’aria dal naso lentamente.
Questo ultimo esercizio, potrebbe sembrare a qualcuno un po’ difficile soprattutto all’inizio e non bisogna quindi demoralizzarsi se le prime volte non riesce perfettamente ma bisogna anzi sentirsi soddisfatti perchè questo è davvero l’ultimo scoglio per vincere la paura dell’acqua. Se finalmente si è riusciti ad eseguire anche questo ultimo esercizio con successo si prova ad immergersi completamente, piegandosi sempre sulle gambe, fino a che tutta la testa non sia sott’acqua. Se finalmente si è portato a termine anche quest’ultimo esercizio possiamo dire che la paura dell’acqua è praticamente scomparsa e si può anche iniziare l’ “avventura” in qualche bella e sana nuotata.
Con i piccoli, invece, è molto più facile superare l’idrofobia: verso i tre o quattro anni la presenza rasserenante di un adulto di fiducia aiuta, quasi sempre, a riprendere un rapporto corretto con l’acqua.
Questo tipo di corsi permettono alle persone di migliorare il rapporto soprattutto con se stessi ma anche permettono di imparare col tempo a muoversi in acqua senza paura e a gestire con maggiore tranquillità le proprie emozioni aumentando la propria autostima.
Beatrice Rozio