PREMESSA

Entrare nell’acqua, sia per un bambino che per un adulto, significa adattare i propri processi percettivi ad un nuovo ambiente. Questo ambiente è assolutamente naturale, all’interno del quale bisogna immergersi soprattutto con coraggio, affrontando le proprie paure consce ed inconsce. Ed è proprio la paura che si manifesta concretamente entrando a contatto con l’acqua: paura di non sopravvivere, di essere sottomessi da quel “qualcosa” che va oltre alla nostra forza, alle nostre possibilità.
 L’immersione in acqua scatena le paure del nostro bambino interiore, quello che ci rimane impresso per tutta la nostra vita e che si manifesta in modo subdolo ogni qualvolta ci ritroviamo in un momento di disagio psicologico o di difficoltà.

Ho voluto affrontare questo argomento proprio perché la mia esperienza personale mi ha portata a capire, dopo un lungo percorso psicologico (non ancora concluso), come sia importante imparare a convivere con il bambino che è in noi, ogni giorno della nostra vita, e come sia altrettanto importante imparare a domarlo, per evitare che questo piccolo fanciullo, carico di paure e di aspettative, vada a soggiogare il nostro Io adulto.

A mio parere, l’acqua è di per se stessa l’elemento più puro che esista, il più naturale e incontaminato, all’interno del quale possiamo ritrovare noi stessi. E’ per questo motivo che è di fondamentale importanza insegnare ai bimbi, fin da neonati, ad entrare in contatto con questo mondo, proprio perché permetterà loro, con il passare degli anni, di mantenere un equilibrio con se stessi, di ritagliarsi un momento all’interno del quale potranno rivivere l’esperienza della nascita e soprattutto del ventre materno, imparando anche a vivere la vita “senza paura”.

“Avere paura significa una cosa soltanto: abbandonare il conosciuto ed entrare nello sconosciuto”


INTRODUZIONE ALL’ACQUA

Fisiologicamente parlando, l’acqua è la sostanza più abbondante ed importante che ci sia al mondo. E’ indispensabile ad ogni processo biochimico, è assolutamente importante alla realizzazione della fotosintesi clorofilliana nelle piante, nella divisione cellulare e nella rigenerazione in generale. Il nostro stesso corpo è formato per lo più da acqua, circa il 70%. Le nostre stesse cellule sono costituite da acqua e galleggiano all’interno di una sostanza acquosa al tempo stesso.

Solo questo può iniziare a farci capire come già inevitabilmente l’elemento “acqua” abbia un richiamo in noi, non solo fisico, anche psicologico. Alcuni studiosi, infatti, sostengono che l’acqua abbia la capacità di ricevere le energie cosmiche e di trasmetterle all’uomo. Altri affermano che l’acqua abbia una memoria, cioè che sia in grado di ricordare le molecole con le quali entra in contatto e quindi registrarne la struttura fisica e la storia. 

Memoria e comunicazione sono quindi due concetti fondamentali che, a mio parere, devono essere attribuiti all’acqua; non a caso è proprio entrando in contatto con l’acqua stessa che ogni individuo sviluppa delle reazioni, positive o negative, a seconda del suo vissuto passato, conscio o inconscio che sia. Nell’acqua vi è l’unione tra l’agitazione della superficie e l’immobilità del profondo (o viceversa), proprio come in ognuno di noi; è l’unione tra lo Yin e lo Yang e quindi unione di microcosmo e macrocosmo.   


PSICOLOGIA DELL’APNEA

L’incontro con il “mare” che sta all’esterno con il “mare” che sta all’interno di noi è un processo di crescita fisica e mentale che dura molti anni. Operare in questo ambito significa sviluppare un programma (di allenamento per i grandi e di crescita per i piccoli) per lo sviluppo di corpo, mente e spirito, in contemporanea.

È di primaria importanza affrontare l’argomento del perché, nella maggior parte dei casi, si è restii, ad esempio, ad immergere la testa in acqua, in età adulta come da bambini. La risposta più comune è appunto la paura: l’immersione scatena le paure antiche del nostro bambino, la paura di esporsi, la paura del fallimento e la paura di perdere il controllo. 

Si manifesta per lo più in una sorta di shock, che paralizza il soggetto di fronte a quel qualcosa che non riesce a padroneggiare. Fondamentale risulta essere, quindi, equilibrare le paure di tutti i giorni con quelle esistenziali. Tale equilibrio lo si può raggiungere partendo dall’identificazione delle nostre insicurezze e di tutto ciò che ci porta a pensare negativamente su noi stessi, acquistando così una migliore organizzazione psicologica.

L’acqua ha un ruolo fondamentale in questo percorso: permette un viaggio alla scoperta di noi stessi, permettendoci di aprire il nostro Io e di dissolvere le paure che ci accompagnano quotidianamente. E’ infatti, nella simbologia antica, un elemento tra i più importanti e soprattutto significativi da un punto di vista psicologico. Questo perché l’acqua può essere allo stesso tempo amica e nemica, apportatrice di vita come di morte, fecondatrice e distruttrice.

La materia vivente stessa ha inizio dall’acqua; all’interno del liquido amniotico inizia la vita e la quasi totalità della materia vivente è formata per lo più da acqua. Viene espressa come principio cosmico femminile, Madre per eccellenza e generatrice di vita. Il suo stato liquido la rende libera da ogni vincolo e le da la possibilità di trasformarsi e di adattarsi, nonché di assumere qualsiasi forma.

 L’acqua ha però anche degli aspetti negativi, quelli che noi individui siamo purtroppo costretti ad affrontare ogni qualvolta vogliamo immergerci senza prima esserci analizzati nel profondo: nelle antiche leggende l’acqua è popolata da strane, misteriose e terribili creature che simboleggiano gli strati più profondi e inconsapevoli della nostra personalità, come l’inconscio. E’ proprio questa parte più nascosta che, con l’aiuto dell’immersione, riesce a tornare in superficie, anche solo parzialmente, per permetterci di crescere e di affrontare ciò che nella vita quotidiana non abbiamo il coraggio o lo stimolo di attaccare.

Ciò che stupisce maggiormente, e che dovrebbe aiutarci a pensare a questo argomento con più profondità, è come l’immersione in acqua abbia delle connotazioni purificatrici e di rigenerazione non solo simbolica ma anche religiosa.

 Sono molte le culture dell’estremo Oriente che utilizzano l’immersione in acqua come mezzo per la liberazione dai peccati commessi e come mezzo per entrare in una nuova vita o in una nuova fase più evoluta dell’esistenza (si pensi all’immersione nel Gange per gli Induisti o alle abluzioni prima della preghiera per Ebrei e Musulmani). La stessa religione cristiana utilizza il battesimo (dal greco “baptein”, immergere, lavare) per togliere il peccato originale al nuovo nato e per riservargli un posto in paradiso, dopo la morte.

Fin prima della nascita, il bimbo prenatale è in contatto, proprio tramite l’acqua, con la madre e con tutto quello che la circonda. E’ proprio attraverso l’acqua che il piccolo riesce ad assorbire le onde sonore prodotte dalle corde vocali della mamma e quindi ad entrare in contatto con lei, può girarsi e muoversi e soprattutto adattarsi all’ambiente che lo circonda, proprio per la capacità dell’acqua di assumere qualsiasi forma. 

Dopo la nascita, l’acqua sarà l’elemento che permetterà al neonato di tornare in contatto con tutte le sensazioni vissute prima del parto all’interno del grembo materno e che, anche se inconsce, risultano essere piacevoli e stimolanti, soprattutto con l’utilizzo dell’immersione in acqua, da parte della mamma, del piccolo.

Per qualsiasi bambino l’acqua è il mezzo tramite il quale, utilizzando il gioco, questo riesce a muoversi sentendosi meno inabile di quanto non si senta all’esterno. Ciò gli permette, di conseguenza, di imparare a gestire i propri movimenti e di rendersi conto delle sue capacità. L’aiuto del genitore in vasca, nel caso dell’acquamotricità, è di fondamentale importanza sia per l’instaurazione di un rapporto genitore-bambino sia in quanto il bambino imparerà a muoversi nello spazio imitando il genitore stesso. 

L’immersione sott’acqua, da parte del genitore, del neonato-bambino è molto rilevante e di fondamentale importanza anche per il genitore stesso che si ritroverà in una situazione alquanto diversa dalle aspettative: mamma o papà dovranno trasmettere al proprio bimbo la loro serenità, la loro tranquillità nell’effettuare questa azione; solo in questo modo il piccolo potrà sentirsi sicuro nelle mani dei genitori e lasciarsi andare alle sensazioni che l’immersione in acqua produce, risvegliando così la sua vita prima del parto, quella sensazione di confortevolezza, di serenità e di calore che solo il grembo materno è stato in grado di trasmettergli.

È ovvio che per realizzare tutto questo il genitore sarà costretto, nella maggior parte dei casi inconsapevolmente, ad affrontare le proprie paure e le proprie ansie. L’immersione sarà quindi un lavoro combinato tra il bimbo e colui che lo immergerà e permetterà ad entrambi di risvegliare un passato vissuto precedentemente e inconsciamente.


CONCLUSIONI PERSONALI

Particolare riflessione ha suscitato in me l’osservazione di un video, “The Water Diviner”, di un’artista di New Delhi. Rappresenta un elefante, animale molto importante per la cultura indiana, che sott’acqua riesce, nonostante la sua mole, a muoversi e a nuotare con modi eleganti e raffinati senza respirare e, quindi, stando in apnea.

E’ affascinante notare come la vita abbia inizio proprio dall’acqua; nel grembo materno il feto non ha la necessità di utilizzare i polmoni per la respirazione e matura e si sviluppa proprio all’interno di un ambiente acquatico. Altrettanto affascinante è notare come i bimbi mantengano, nei primi mesi di vita, il riflesso apnoico, come se questo fosse una ricordo della sua “iniziazione” all’acqua.

 Ed è anche splendido, infine, osservare i bimbi nuotare e muoversi con disinvoltura all’interno di una vasca; è infatti il bagnetto una delle prime azioni che si insegna alle neo-mamme; proprio perché questo momento deve essere per il piccolo talmente piacevole da instaurare in lui la necessità di restare in contatto con l’acqua anche da grande, quando quelle ansie e quelle paure, tipiche di ogni adulto, inizieranno a richiamare la sua attenzione.

Immergere la testa sott’acqua provoca una sensazione liberatoria, una sensazione di “ovattamento” da ciò che ci circonda. L’analisi di noi stessi parte proprio da questo.

L’acqua non è mai uguale a se stessa: è un elemento dinamico, in trasformazione, proprio come noi. Maturiamo, cresciamo e siamo costretti ad adattaci a ciò che ci circonda; l’acqua è espansione e profondità, è ricettiva e allo stesso tempo trasmettitrice di sensazioni primordiali. E’ quindi, per riassumere, terapeutica, a mio parere portatrice di energie a noi sconosciute e guaritrice.

Concludendo posso affermare che se l’acqua è il simbolo della vita e la vita nasce dall’amore, l’acqua è anche simbolo dell’amore, quell’amore “primordiale” che noi stessi ci dobbiamo rivolgere per poterci adattare e continuare a vivere, crescendo e maturando di giorno in giorno, esattamente come l’acqua fa con qualsiasi elemento con cui entra in contatto.

Barbara Dezza

BIBLIOGRAFIA

·         mariapaolavannucchi.xoom.it

·         autoregolazione.it

·         apneaconsapevole.it

·         “Primi Passi” di Guido Picchetti

·         “Psicologia e Apnea” di Lorenzo Manfredini