“…Sciacqua, sciaborda, scroscia, schiocca, schianta, romba, ride, canta, accorda, discorda. “ L’onda di G. D’Annunzio
Sono un’ostetrica, è vero, e l’acqua per me è il simbolo rappresentativo della gravidanza, avrei potuto quindi scrivere di corsi di accompagnamento alla nascita, diabete gestazionale, legame col neonato, parti o allattamento, ma ho deciso di accantonare tutto, seguire il mio istinto e far parlare la parte più “artistica” di me.
Ho pensato al mio percorso formativo, a come è nato il mio interesse per l’acqua e ho deciso di raccontare un po’ il rapporto esistente fra musica e acqua che oserei definire “primordiale” o, come disse il famoso musicologo Francesco Spampinato, “archetipico”.
La vita sonora dell’essere umano comincia, prima ancora della nascita, in un ambiente liquido (il liquido amniotico) che funge da “barriera” e filtra i suoni provenienti dal mondo esterno. Inoltre, la musica agisce sull’essere umano in ascolto non come un “oggetto” ma come un “ambiente”, cioè come una sostanza che avvolge, che fluisce , inafferrabile ma in cui siamo “immersi”, proprio come l’acqua. Si può dire allora che l’acqua e la musica siano simili: entrambe sono parti creative del mondo, si fondono in un unico movimento e sono la manifestazione del procedere del tempo.
Penso però che sia necessario spiegare e stabilire che esistono vari tipi di relazione fra musica e acqua.
· La prima è una relazione molto concreta in cui l’acqua è presente nell’atto di produzione musicale. Nel panorama contemporaneo possiamo prendere ad esempio la Water music (1952) di John Cage che prevedeva l’uso di un pianoforte e di alcuni recipienti pieni d’acqua, oppure “la musica subacquea” di Michel Redolfi, destinata ad essere ascoltata sott’acqua. Gli strumenti musicali che suonano grazie all’elemento fluido però hanno origini molto lontane nel tempo e il primo strumento fu ideato nel 245 a.C. dal filosofo greco Ctesibio. Era un organo che usando un complesso sistema di pressioni e sfruttando il sistema dei vasi comunicanti, generava una spinta dell’aria che a sua volta transitava nelle canne e produceva un suono.
· La seconda è invece una relazione in cui l’acqua non è coinvolta direttamente nella produzione del suono ma viene evocata attraverso “strumenti” tradizionali con intento descrittivo o simbolico. Nell’antichità l’importanza e il legame tra musica e acqua era già chiaro a coloro che per propiziarsi quest’ultima, madre da cui tutto nasce, le dedicavano danze; ci basti pensare agli Indiani d’America che coi loro canti e ritmi percussivi entravano in uno stato di abbandono nelle mani degli dei.
Dopo queste ancestrali danze, però, l’uomo non si è fermato e ha cercato di codificare con la scrittura il movimento dell’acqua e lo ha fatto con il canto gregoriano, una preghiera a Dio. Il Maestro Remo Guerrini in un articolo ha scritto che “la caratteristica di questa musica è la parola che si fa musica, l’incedere continuo di segni grafici che si trasformano in onde, la calma del respiro che è il respiro del mare, gli abbellimenti simili alla cresta spumosa dei torrenti e alcuni dei segni della notazione desumono il nome dall’acqua, si chiamano infatti “liquescenze” e si eseguono proprio a ricordare la liquidità, l’impalpabilità della materia fluida. Inoltre il fluire della melodia è continuo con momenti di tensione e rilassamento, proprio come il movimento delle onde.” Alcuni grandi maestri di musica del passato hanno scritto che “ascoltare il mare è come ascoltare una melodia gregoriana, mutevole e cangiante.”
Oltre a questi esempi, scrutando a fondo nella mia memoria musicale appare subito evidente che l’acqua è quell’elemento imperituro che da sempre ha invitato musicisti sensibili a esprimere sogni, emozioni, inquietudini attraverso le note di un pentagramma. Non voglio annoiare nessuno elencando nomi e nomi di musicisti e loro opere, ma ne voglio citare solo alcuni, per me più significativi. Ricordo: Bradich Smetana che scrisse nell’ottocento “Moldava” in cui attraverso la musica l’autore descriveva lo scorrere del fiume e ricreava le immagini e i suoni che aveva raccolto durante il viaggio; “La Tempesta” musicata da Rossini; il “Vasto Mar” di Heinrich Schultz e in fine il musicista che più, secondo me, è legato all’acqua, Claude Debussy, egli ha scritto molte composizioni legate all’immaginario acquatico come “La Mer”, “Ondine”, “Dialogue du vent et de la mer”, “Poissons d’or” “Le jet d’eau” o “En bateau”.
· Infine c’è la terza relazione che è la più antica e forte che esista,non necessita di strumenti per essere spiegata o immaginata, ma riguarda il suono, o se si preferisce rumore, dell’acqua. L’acqua stessa infatti produce suoni: suoni delicati, suoni violenti,suoni misteriosi,suoni inquietanti ma sicuramente affascinanti, al punto tale da aver, come sopra detto, ispirato strumenti musicali e composizioni. Tecnicamente si parla di rumore bianco dell’acqua e questa definizione nasce dall’idea che questo suono è prodotto dalla somma di tutte le frequenze udibili e il nome deriva da un’analogia con il bianco ottico che a sua volta è la somma di tutti i colori dell’iride. Il rumore bianco è caratterizzato dall’assenza di periodicità nel tempo e da ampiezza costante su tutto lo spettro di frequenze. Esso è del tutto casuale, e la sua ampiezza e frequenza a un dato momento è indipendente dagli istanti precedenti.
Molti non amano parlare di rumore ma secondo me tale terminologia è utilizzata semplicemente per sottolineare l’imprevedibilità che appunto appartiene a un “noise” naturale. Senza dubbio si può affermare che questa frequenza di suono può avere un effetto antidolorifico e rilassante piuttosto efficace e perciò rappresenta il sottofondo ideale per ottenere riposo e benessere psico-fisico. In tale situazione il corpo, oltre a fantasticare, si riposa, si ripara, elimina tossine e tensioni, il sistema immunitario si rinforza, le emozioni si placano e la mente inizia a produrre onde alfa e onde theta che sono estremamente benefiche all’organismo.
Detto ciò ritengo che l’acqua e la musica siano una diade dagli straordinari poteri. Secondo me in un corso di acquaticità l’utilizzo della musica non si dovrebbe limitare ad essere un banale sottofondo ma dovrebbe essere sfruttata come “struttura” protetta entro cui muoversi. La musica, alternata al silenzio, è in grado, arrivando attraverso uno dei nostri organi di senso più primitivi, di stimolare proprio quelle parti del cervello che consentono la distensione e la ripresa delle energie e che inducono in noi uno stato di rilassamento mentale.
Martina Trovò